martedì 13 dicembre 2011

IL MIO NATALE: IL CINESE TAROCCO di GUCHI CHAN


Dopo il mio racconto che ha messo alla prova la vostra infinita pazienza, cari seguaci del blog più inutile della Rete, vi propongo con gioia un racconto di una fanciulla appassionata del Giappone e della sua cultura.
Ho scelto la foto solo per questa passione e non per una correlazione diretta con il racconto in questione.

Buona lettura.

IL CINESE TAROCCO

Probabilmente questo è il Natale più bello della mia vita... Avrei voluto scrivere ieri, ma ero troppo agitata, eccitata, costernata per poter fare qualcosa di diverso dal saltellare per casa lanciando gridolini come un'idiota. In questi casi apprezzo il fatto che i miei non si curino minimamente di me, dei genitori normali avrebbero immediatamente chiamato la neuro... Proverò a raccontare come si sono svolti i fatti in maniera cronologica e obiettiva, come farebbe un giornalista, così magari mi calmo, perchè sento che il cuore ricomincia a battermi all'impazzata...
Dunque, ieri pomeriggio sono stata in giro a portare i regali ad alcune amiche. Sono stata via parecchio, perchè ci siamo messe a chiacchierare; sono stata da Francesca che non vedevo da un po', e da Cristina c'erano Beppe e Carlo... insomma, mi sono ridotta a casa che erano le sei e dovevo ancora fare i miei biscotti speciali di Natale. Sono lì che impasto, con la farina fino ai gomiti, quando arriva mia madre.
"Prima è venuto uno che ti cercava" mi fa.
Ecco che cosa amo di mia madre: tutto ciò che non la riguarda si traduce in queste espressioni di somma grazia e precisione.
"Uno chi?" le chiedo io, con eguale cortesia, che tanto non si merita di meglio.
"Un cinese" risponde, poi fa dietrofront e, mentre ha quasi infilato la porta, aggiunge "ha detto che torna più tardi".
Un cinese? Io non conosco cinesi. Poi penso agli occhi di Giovanni, con quel taglio particolare e il mio cuore ha un tuffo; che fosse lui? Quella cretina di mia madre sarebbe anche capace di dargli del cinese, in effetti. Ricomincio a impastare furiosamente, e in quel mentre suona il campanello. Mi impietrisco. Sento mia madre chiedere chi è, spingere l'interruttore e gridare "è in cucina". Mica che venga ad avvisarmi; del resto non so nemmeno perchè sto qui a parlarne, il solo fatto che si sia degnata di rispondere ha del miracoloso. Intanto io rimango lì con le orecchie dritte; so che potrei cercare di darmi un tono facendo la persona educata ed affacciandomi alla porta, ma la verità è che ho il panico. Ho già incontrato tutti i miei amici, non aspetto visite, possibile che sia proprio lui? Sento dei passi salire le scale, procedere lungo il corridoio, esitare un attimo ("è un cucina", ha detto quell'idiota, ma mica l'ha specificato dove si trova la cucina), e io sto per fare un passo quando infine la porta si apre... ed è davvero Giovanni. Ha i capelli scompigliati, il bordo del giaccone sollevato e una sciarpa rossa intorno al collo, e non mi è mai sembrato più bello di così. Sorride e mi dice "hai della farina sul naso". Io porto di scatto una mano sul viso con il prevedibile risultato di peggiorare ulteriormente le cose, e lui allora scoppia a ridere.
"Lascia perdere" dice mentre si avvicina e mi ripulisce con un tocco gentile.
Dio, come ho fatto a non morire in quel momento? Ero così frastornata che non capivo nulla, lui era così vicino a me che sentivo il suo respiro, e poi un secondo dopo era di nuovo a tre passi di distanza.
"Scusa" ho borbottato, quindi mi sono precipitata al lavandino per lavarmi le mani. "Scusa" ho ripetuto.
"E di che cosa? Caso mai mi scuso io, che sono capitato in un momento inopportuno e senza avvisare, ma non potevo rimandare perchè volevo darti questo prima di domani" e mi mette sotto al naso una scatolina quadrata con un fiocco argentato. Allungo la mano per prenderla, mentre continuo a sentirmi impietrita.
"Grazie."
Odio il suono della mia voce.
"Grazie a te. Mi è piaciuto il tuo biglietto... l'hai fatto tu, vero?"
Annuisco.
"Ok, allora vado, così puoi finire di fare quello che stavi facendo..."
"Biscotti" esclamo "I miei biscotti speciali di Natale, e midispiace che non sono ancora pronti perché avrei voluto farteli assaggiare." Idiota. Perché l'ho detto? Idiota idiota idiota idiota idiota...
"Sono sicuro che saranno buonissimi."
Finalmente riesco a sorridere; sono davanti al ragazzo che amo, ho in mano il suo regalo di Natale, ho le maniche rimboccate come uno scaricatore di porto e molto probabilmente indosso un'espressione da cretina, ma sono lì e sorrido, mentre il mondo si è fermato e non ho idea di quando ricomincerà a girare.
"Buon Natale" dice Giovanni.
"Buon Natale" rispondo io.
Solo dopo che se n'è andato mi rendo conto di quanto sono stata maleducata: non ho nemmeno aperto il suo regalo mentre era lì. Mi basta riacquistare un minimo di lucidità per capire che la curiosità mi sta divorando; corro in bagno e mi chiudo a chiave per avere la certezza che nessuno verrà a disturbarmi o a ficcanasare. Apro il pacchettino con le mani che mi tremano; sollevo il coperchio e vedo, adagiato su di un cuscinetto di stoffa, il gattino più bello che mi sia mai capitato davanti. E' di ceramica, di color panna, ha il musino sorridente e la zampina sollevata come in un saluto, e sul corpo una scritta che immagino sia in giapponese. Lo accarezzo, lo stringo, lo bacio. Sono così felice che potrei morire.

***
Per me è un grande piacere leggere i vostri racconti e sentire il vostro entusiasmo.
Questo progetto, nato un po' per caso e per gioco, si è trasformato in una piccola realtà che io stesso non immaginavo.
Grazie a tutti.
L'antologia si chiuderà la notte del 24 dicembre.
E intanto arrivano nuove storie...bellissimo!

ALIAS 

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