lunedì 21 settembre 2015

VINCENZO RESTIVO - QUANDO LE CAVALLETTE VENNERO IN CITTÀ


Dopo una lunga pausa di riflessione - e chiamiamola riflessione! - si torna a sputacchiare qualche pensiero sulle pagine di questo blog che trascuro sempre di più. Padre degenere e con la memoria corta. La mia memoria. Parliamone. Un corto circuito niente male. 

I ricordi. Il peso dei ricordi e il peso micidiale delle scelte che possono determinare la nostra felicità o la nostra disperazione. Ritorno con un'intervista a un giovane autore che riesce a turbare e ad accarezzare il lettore con le sue storie piene zeppe di insetti e sentimenti controversi. Un autore sincero e diretto, capace di parlare di sé con una nitidezza rara. Ecco a voi il frutto del nostro incontro:

Com’è nata l’idea del romanzo Quando le cavallette vennero in città?
Le donne. Volevo scrivere una storia di donne, una di quelle storie che mostrasse quanto le donne siano un universo di bellezza e sorpresa. Andy non ha un padre, vive assieme a sua madre e sua nonna, e anche per Blu è lo stesso: Rosi è la sua unica famiglia. Gli uomini sono solo accennati, trapelano nei ricordi, ma sono figure deboli, spesso superflue o addirittura elementi di fastidio. Le donne portano avanti la famiglia, una famiglia che, nonostante la rigidità cattolica di fondo, è scomposta, lontana da ogni canone tradizionalista.  Ecco, credo sia stata questa l’idea iniziale, in qualche modo dovevo ubbidire a questo bisogno. E l’ho fatto.

Cosa pensi quando classificano le tue storie come “letteratura gay”?
Sono omosessuale e in più  co- direttore agli eventi letterari di un’associazione LGBT nel casertano (RAIN), quindi,  la questione mi sta molto a cuore, non posso nasconderlo. Tuttavia, catalogare i miei libri, e non solo, come letteratura di genere LGBT , credo sia abbastanza limitativo e fuorviante. È giusto che ci sia una corposa letteratura che affronti temi Lgbt  e di testi di successo se ne contano a centinaia, dai romanzi di Patroni Griffi a Pasolini, da Wilde a Besson, ma il punto è che, non sono solo questo.  Dopo il neo realismo, ancora di più, si è avuta un’impressionate ibridazione di generi, la letteratura ha cominciato ad avere un’incessante sete di novità. È giusto, quindi, che ci sia una cultura LGBT che miri all’inclusione (che non è integrazione), quanto l’unico modo per inglobare una diversità nelle infinite differenze che vivono la nostra realtà culturale.

Il tuo coming-out ti ha creato problemi nella vita e nel mondo letterario?
Sono gay, lo sono dalla nascita e, sebbene ancora molti pensano che l’omosessualità sia una scelta di vita, la mia naturale non-scelta è parte di me e quindi fa parte del pacchetto "autore/scrittura". Non mi ha creato problemi perché non ho avuto mai bisogno di rivelare qualcosa che sono sempre stato naturalmente.

La tua passione per la scrittura quando nasce e dove e quando ami scrivere?
Ho cominciato a scrivere a dodici anni. Il mio primo lavoro consisteva in una raccolta di raccontini  un po’ gotici che feci leggere alla mia insegnate di Italiano alle scuole medie e rimase un bel po’ sbalordita dai contenuti. Mi rivelò di aver pensato di parlare coi miei e consigliargli di mandarmi in cura da uno  psicologo, ma poi, due anni dopo, si prestò per scrivere la prefazione del mio primo romanzo…horror. Amo scrivere ovunque, specialmente mentre viaggio, quando sono in treno e i paesaggi mi saettano di fianco, dietro al  finestrino, come tanti fotogrammi impazziti.

Quanto c’è di te nella storia che racconti?
Un po’, non tanto. Quanto basta, quanto è giusto che ci sia.

La tua prima memoria culturale?
Il libro Cuore di De Amicis. Lo comprai a Napoli, su una di quelle bancarelle dove le cose sono così economiche che pensi  sia una truffa. Me lo  consigliò mia zia, che insegnava Italiano alle scuole elementari. Ho pianto tanto per quel libro, ma mi ha lasciato indubbiamente la passione che ancora oggi ho per la letteratura di formazione.

Musiche e visioni che ti hanno cambiato la vita?
Un paio di film: Beautiful thing di Hettie Mcdonald, la storia d’amore di due ragazzini omosessuali e il loro coming-out nella londra proletaria; Riflessi sulla pelle di Philip Ridley, l’infanzia negata di un ragazzino che deve fare i conti col mondo disilluso degli adulti.
Tanta musica: Vienna Teng, Tilly and Wall, Damien Rice. Ascolto e le idee vengono da sé. Come quelle indomabili magie non richieste.

 Il libro dove vorresti abitare?
Gli occhi di Mr Fury di Philip Ridley. Un altro romanzo di formazione, di amore, di diversità nelle diversità, di conflitto, di accettazioni. E anche di magia.

 Biografia in una playlist?
Sarà perché ti amo- Ricchi e Poveri/ Never Ending Story – Limahl/Dream a litte dream of me / Mama Cass Elliot / Inmortal- La oreja de van Gogh/ City Hall-Vienna Teng/ Elephant- Damien Rice/ Buon compleanno-Daniele Groff/ Night of living dead- Tilly and Wall/ Mia- Gatto Panceri/ Fly High- Shaggy/ poi tante altre mille e duecento…

 Cosa stai leggendo?
Il Cuore Segreto di Simona Ferruggia

Mai compiuto illegalità nel nome della cultura?
Non ne sarei capace. Sono troppo impacciato

Feticismi tecnologici?
Nessuno. Se mi avessi chiesto quelli sessuali, ti avrei redatto una lista.

Cosa odi e ami del web?
Amo gli acquisti sul web, sono rapidi e comodi e la velocità con cui circolano certe notizie.
Odio però  le notizie scritte male e la falsa informazione. Con Internet è più facile incitare xenofobia. Internet sfrutta i cervelli deboli, quelli arrabbiati per come vanne le cose, quelli che per la pochezza intellettiva e culturale, non si preoccupano di guardare oltre il loro naso. La cattiva informazione sollecita le menti già debilitate o le spegne del tutto.

Un politico che ti piace?
     Vendola. Soprattutto per l’orecchino. Non sono ironico.

La frase-scusa preferita?
Non posso. Devo studiare. (Di studiare, non si finisce mai)

A 13 anni cosa volevi fare?
Il veterinario.

Hai il potere assoluto per un giorno. La prima cosa che fai?
Debellerei le malattie mortali. E così, anche l’ansia di morire troppo giovane.

Se la tua vita fosse un film chi sarebbe il regista?
Ferzan Özpetek

Come spiegheresti a un bambino la parola: felicità?
La felicità è come un ghiacciolo al sole. Devi sbrigarti a godertelo perché poi si scioglie

Cosa conta più dell’amore?
La salute. Senza ombra di dubbio. Essere sani con la mente e col fisico ti dà la grinta per amare come si deve, lavorare come si deve, vivere come si deve.

La tua casa brucia. Cosa salvi?
La mia famiglia. Che domande!

Se ti dico Italia…cos’è la prima cosa che ti viene in mente?
Disuguaglianza

La volta che hai riso di più?
Una notte , quando ancora lavoravo a Valencia, completamente ubriaco con amici, in giro a suonare ai citofoni delle abitazioni. Ero felice a Valencia. Ma non lo sapevo.

Una cosa che non hai mai capito della gente?
Perché la gente crea frontiere e confini? Sarebbe tutto più semplice senza.

Una cosa che volevi e non hai avuto?
Un lavoro

 In spiaggia raccogli qualcosa?
Da piccolo raccoglievo telline. Adesso mi piacciono i sassi levigati dalle onde. Cerco sempre quelli a forma di cuore.

 Quando hai visto per la prima volta il tuo libro cosa hai provato?
Una gran voglia di rileggerlo.

Cosa guardi in tv?
Non guardo la tv ma quando capita mi piacciono molto i programmi di cucina e di viaggi. Mi piace molto “BIZARRE FOODS”, dove c’è quel tizio che va in giro per il mondo ad assaggiare l’impossibile.

Se guardi il cielo cosa pensi?
Alle forme stravaganti delle nuvole.


GRAZIE, a Vincenzo per la simpatia e la collaborazione. Inutile dirvi che vi consiglio il suo romanzo. Una storia che non vi lascerà indifferenti. Buona vita, gente!