lunedì 31 marzo 2014

VACANZA IN AMMOLLO


L'idea di andare alle Terme - a dire il vero di tornare sul luogo del delitto - mi girava da tempo nella testa, poi, grazie a due amici. Stefano e Graziano, che hanno vinto un soggiorno termale con i punti di Nonna Isa - io ho vinto un'insalatiera... GULP! - ho preso la decisione da così tanto tempo rimandata: si prenota e si parte. E così io, Giammy, i due culoni baciati da Nonna Isa e Antonio, siamo partiti verso le terme di Fordongianus una bella mattina di sole - venerdì 28 - con le nostre valigie e i nostri buoni propositi di non fare un'emerita cippa per i 3 giorni successivi. 

Ps: incredibile... ci siamo riusciti benissimo!

Siamo arrivati alle 15 di venerdì. Il tempo di registrarci al ricevimento, di prendere possesso delle nostre camere vista parcheggio (il pacchetto più economico) e ci siamo infilati il costume, abbiamo indossato l'accappatoio lager (che rende tutti uguali eliminando forme, rotondità e muscoli) e siamo scesi ciabattando verso le piscine termali. Aperta la porta il vapore ci ha stasato i pori della pelle e allontanato per sempre i punti neri e l'espressione fiacca di chi ha troppo stress da lavoro da smaltire dalla faccia. Siamo andati alla ricerca di un lettino dove appoggiare le nostre cose; trovato un angolo libero, abbiamo sfilato l'accappatoio e indomiti siamo andati alla conquista della prima vasca, quella interna, per prendere confidenza con la temperatura e l'ambiente. Io, graziato dalla natura, ero l'unico che non dovevo indossare la cuffia - un altro elemento di livellazione estetica che rende tutti simili e annienta le differenze - e potevo immergermi senza problemi (capitava che qualcuno si dimenticasse la cuffia e venisse subito rimproverato dal bagnino o avvisato da un altro bagnante). Che dire? Il primo impatto è sempre sconvolgente: una vasca calda che sbuca all'esterno in un giardino, dove nuotare, galleggiare, parlare, dormire, esercitare i muscoli fiacchi con l'acqua-gym due volte al giorno, è un mondo a parte dove i bambini si scatenano con una goduria particolare. Io ho seguito solo una lezione di ginnastica acquatica. Provate a muovere gambe e braccia a ritmo di musica in ammollo per un'ora buona e poi mi dite se è facile o meno. Il sabato ho preferito fare il percorso della SPA con le saune, le docce emozionali, la sala relax con le tisane, l'idromassaggio... uno di mattina e uno di pomeriggio, con alcuni pro e contro. 
I pro: il piacere della sauna umida per abituarti al calore, la bellezza del bagno turco che sale a 70 gradi e ti fa sentire da Dio, lo shock della caverna termica che arriva a 90 gradi e ti toglie il respiro (ho resistito 5 minuti), la goduria delle docce emozionali che rifaresti mille volte, la sauna finlandese dove può capitare di fare delle piacevoli chiacchierate, l'idromassaggio che hai sempre sognato a casa, la sala relax con delle tisane calde che ti rilassano ulteriormente... per un angolo di pace tutto per te.
I contro: tutto quello che ho raccontato rovinato da delle persone incivili che nelle saune urlano, schiamazzano e non rispettano gli spazi di chi vorrebbe rilassarsi senza chiacchiere stupide da supermercato - mi sono evitato commenti e reazioni o ci sarebbe scappato il morto- e una combriccola di allegre fanciulle che pensavano di aver incollato i propri deretani all'idromassaggio da qui all'eternità. Anche in questo caso mi sono trattenuto dal rispondere quando, fregandosene di chi aspettava la fine del loro ennesimo ciclo, hanno premuto di nuovo il pulsante con la scusa che una delle 4 oche era entrata a ciclo iniziato. A quel punto è partito Giammy che le ha fatto lavaggio, stiratura, permanente in due soli minuti. Piccolo ma determinato quando ci si mette il nostro Giammy! Quando abbiamo finalmente sbloccato la situazione, gli altri ospiti in attesa hanno acceso i ceri alla Madonna della Sauna e la responsabile che seguiva il centro benessere ci ha ringraziato in aramaico antico. 

Però, a parte questi piccoli incidenti, siamo stati bene. Ho dimenticato persino la mia dieta e ho mangiato concedendomi anche la pasta con il sugo di lepre - a pranzo - e con le vongole . a cena - e una fetta di torta a colazione. Mi sono evitato il pane e gli alcolici. Mangiare tutti insieme è sempre divertente e con le storielle assurde di Stefano c'era sempre qualcosa per cui ridere. Be', molto materiale ce lo fornivano anche gli altri ospiti seduti intorno a noi. Da un tipo sui 60 anni che sembrava uscito da una puntata di "Starsky e Hutch" e il suo amante adolescente con i capelli colorati di un improbabile color melanzana, alla coppia depressa che non parlava e fissava soltanto il nostro tavolo, ai due vedovi che cercavano una finlandese nella sauna finlandese (gli è andata male!).

Un altro aspetto interessante è che non sai mai chi puoi trovare alle terme. Io, dopo anni che non lo vedevo, ho incontrato un amico di Cagliari che il venerdì pomeriggio, in ammollo, non avevo notato: quando dico che le cuffie rendono tutti simili non scherzo. Ci siamo riconosciuti all'ora di cena e fare amicizia con il suo gruppo è stato divertente. Il sabato abbiamo fatto lunghe chiacchierate nella piscina esterna parlando di tutto e di più... vecchie conoscenze, libri, cinema, Ikea (incredibile ma vero) locali e aggiornamenti vari sulle nostre vite. 
Una cosa che ho notato è che nell'acqua delle terme le unghie crescono più del normale: una settimana di vacanza e mi sarei trasformato in Wolverine. Un'altra cosa curiosa è la mancanza di uccelli. Questa cosa me l'ha fatta notare Graziano: "Carlo, ma hai notato che non ci sono uccelli? Non ne ho visto neppure uno da quando siamo arrivati... secondo me li ammazzano per impedirgli di volare sulle piscine e scagazzare l'acqua termale!" 
E io - ridendo: "Mi vuoi dire che c'è un cecchino sul tetto che spara a tutti i pennuti che passano nella no-fly-zone?"
E lui: "Mica è normale che non passi nessun uccello in cielo?"
E io: "L'idea del cecchino mi piace molto... ma anche quella di una barriera di energia che li frigge con una scossa elettrica..."
E Antonio interviene dicendo: "Voi pensavate che fosse lepre quella nel ragù dell'altro giorno... e invece..."
Altra risata generale. Ok, il caldo prolungato riduce il cervello in pappa.

Altre curiosità. 
I corridoi molto alla Overlook Hotel... con una spruzzatina di Kubrick.
I bagnanti che scopano in pieno giorno nella vasca esterna e rischiano il linciaggio di un padre di famiglia che deve allontanare i figli per evitargli spiacevoli spettacoli. 
Il cameriere gay segnalato dal Grindr di un amico di Cagliari - un'applicazione del telefonino che individua i gay presenti in zona - che però aveva finito il turno e non poteva fermarmi oltre...
Il personale che ruota di continuo e trovi prima al bar, poi nella sala ristorante, poi di nuovo durante il servizio bar sul bordo piscina... insomma, alla fine li chiamavi per nome e potevi dire di sentirti a casa. 
Gli sguardi e gli ammiccamenti... tutto uno spettacolo di cose inespresse e cose non dette. Molti maritini e fidanzatini apparivano un po' confusi... colpa dei vapori termali.
L'operatore con le sopracciglia ad ala di gabbiano che ha fatto i fanghi a Stefano toccandolo tutto con una perizia invidiabile. 

Mi sono divertito?
Sì... eccome!

Ci vorrebbe più spazio per le pause. 
Voi cosa ne dite?

giovedì 27 marzo 2014

CAREZZE IMPOSSIBILI


Ormai è da un po' di tempo che mi chiedo se questo blog abbia ancora un senso. Rispetto al passato scrivo molto meno - qualcuno urlerà in coro: E MENO MALE! - e cerco di capire dove voglio andare a parare con un progetto che è nato quasi per gioco e lentamente si è trasformato in un blob non meglio identificato. 
In fondo non è uno spazio di critica letteraria - le mie recensioni seguono l'umore di un lettore onnivoro e spesso bulimico - e non è strettamente neanche la pagina di un autore. Con un solo libro pubblicato di cosa vogliamo parlare? 
Finita l'onda delle presentazioni, la sorpresa e l'eccitazione di amici e parenti, le telefonate di librai e organizzazioni culturali, posso solo parlare della delusione del dopo... delle cose che non funzionano... dei tasselli che non s'incastrano come vorresti nella tua mente iperattiva. 
Non è un diario personale nel senso stretto del termine: scrivo di me, ma lo faccio senza scendere mai troppo sul personale, rimanendo sempre mezzo metro dal suolo... rasoterra. Non è neanche un blog di critica sociale, non è una vetrina sulla moda, uno specchio sul mondo della TV, un occhio aperto sul cinema, un quaderno dove infilare racconti e disegni... parlo di tutto e lo faccio senza impostare uno schema prestabilito. 
Per questo e altri mille motivi mi chiedo cosa cerchino qui dentro le anime buone che ci passano o ci inciampano per puro caso, quelle che ci arrivano per collegamenti insondabili.
C'è il lavoro in ristorante... il progetto del carcere... il sogno di venire letto e capito... le bottiglie abbandonate alla generosità della corrente... le risposte che non arrivano... la testardaggine... la rabbia e la voglia di farvi vedere chi sono... c'è tutto e il contrario di tutto.
Mi bruciano le mani... vorrei prendere a pugni il mondo.

Tutti in cerca di carezze impossibili.

sabato 22 marzo 2014

SINTONIA

Sintonizzarsi sulle frequenze della realtà non è un'impresa semplice.
C'è sempre qualche interferenza, un cono d'ombra, un black-out che ti manda in tilt le sinapsi; da una parte ci sei tu, che vorresti fare, creare, immaginare... e dall'altra si agita il fantasma della consapevolezza che ti ricorda tutti i limiti che ostacoleranno il tuo cammino.

Sei matto?
Scherzi o parli sul serio?
Chi te lo fa fare?
Trovati un hobby meno faticoso e dispendioso.
Vuoi ancora dormire la notte?

Lo so.
So tutto.
Fare, creare, immaginare è complicato.
Le frequenze sono intasate.
E allora?
E allora più avanti, forse, mi dirò... ok, ci ho perso sonno, sogni e speranze... ma almeno c'ho provato.

Work in progress.

lunedì 17 marzo 2014

IL PESO DEL TEMPO


Le lezioni di scrittura in carcere continuano. 
Il romanzo cresce e a volte mi sembra quasi impossibile che tante teste, tante mani, tante sensibilità siano riuscite, in questi lunghi mesi invernali, ad armonizzarsi per convogliare tutte queste belle energie verso uno scopo comune. 
L'appuntamento è diventato immancabile anche per noi che arriviamo dal "mondo di fuori", non soltanto per i ragazzi che si muovono nel "mondo di dentro". 
Quanto arriviamo nella zona delle aule scolastiche, e vediamo attraverso i vetri delle porte diversi detenuti piegati sui libri, intenti a preparare degli esami universitari, ci sentiamo catapultati all'improvviso in una dimensione diversa dove il valore del tempo assume un'importanza vitale. 
Per questi uomini, il tempo, pesa tantissimo e un secondo recuperato è un secondo prezioso da investire per un futuro lontano e incerto. 
C'è voglia di crescere, di capire, d'imparare per diventare altro. 
Il passato pesa. Le colpe pure. Inutile negarlo. 
Famiglie spezzate. Affetti congelati. Figli dispersi. Mogli sognate e mitizzate. 
Quando ci stringono la mano, quando ci abbracciano e ci baciano, chiedendoci "come va?"... questo ci fa capire il senso del nostro stare lì con loro. Si condivide uno spazio, un tempo e un progetto. Guardando le loro facce, i loro gesti, i loro silenzi... mi si aprono mille mondi e mi viene una voglia irrefrenabile di raccontarle una per una quelle storie dimenticate. 

Oggi si sono aggiunti alla classe due nuovi alunni. Uno, seduto su una sedia a rotelle, è arrivato con un sacco nero della mondezza e si è posizionato in fondo all'aula. Ascoltava, interveniva e continuava a prendere dal sacco dei pezzi di cibo che mangiava senza sosta. L'altro, sorreggendosi su una stampella, si limitava ad ascoltare lo scambio di pareri tra i vari partecipanti al corso, seduto in uno dei banchi vicino a Massimiliano 2, un elemento che apprezzo sempre di più per la sua grande capacità narrativa, pari soltanto a quella di Pino, uno dei pochi detenuti di origine sarda. Questo pomeriggio abbiamo ricevuto anche la visita di un film-maker che vorrebbe realizzare un documentario sui tanti progetti educatici che si svolgono nel carcere. Dopo aver ricevuto il permesso da parte di tutti i presenti per girare delle immagini, abbiamo continuato la nostra lezione con un occhio elettronico che ci spiava e registrava le nostre parole e i nostri spunti narrativi.

Tra non molto dovrò abbandonare provvisoriamente il progetto per motivi di lavoro e per sette lunghi mesi non potrò esserci come vorrei. Li seguirò a distanza, ma so già che mi mancheranno i sorrisi di Raffaele e Daniele, le manate sulla spalla di Massimiliano 2, le domande del Principe, le omelie di Enrico, gli occhi furbi di Mario, le polemiche di Carmelo, gli interventi di Ciro e Bastianino, i mezzi silenzi di Pino... 

Vorrei continuare... ma il volontariato non mi permette di pagare le bollette, il mutuo e la rata della macchina... 

Vivere di scrittura è un sogno - per ora - lontanissimo. 

giovedì 13 marzo 2014

SILENZI INVERNALI E SPLENDORI ESTIVI

Questo breve racconto mi è stato commissionato per un librone fotografico sulle città di mare del Nord Sardegna. All'inizio non sapevo davvero cosa inventarmi per parlare di Alghero, poi, ho provato a immaginare cosa succederebbe se partissi lontano - Londra? Parigi? Roma? - e ritornassi dopo anni nella città che mi accoglie tra le sue braccia e i suoi vicoli da ben 13 anni. In un'ora ho scritto queste poche righe che si muovono tra un reportage intimo e un volo sulle mura e i tetti del ricordo, La nostalgia di quello che non c'è più o c'è solo dentro la memoria. Passi, squarci, attimi, sorrisi... un preludio - o un epilogo - di un qualcosa che si muove da tempo dentro di me.
Buona lettura.

SILENZI INVERNALI E SPLENDORI ESTIVI

Ritornare ad Alghero è un po’ come rinascere per chi ci ha vissuto tanti anni. Camminare per le strade del centro storico, con le placche di ceramica che mi ricordano i nomi catalani delle vie, mi aiuta a tracciare una mappa della memoria che si arricchisce a ogni passo di odori e sensazioni. Tutto è rimasto sepolto dentro di me e ora, naufrago senza bussola, osservo risalire pezzi di vita che credevo perduti per sempre.
Annuso l’odore delle mura sfarinate dalle carezze del tempo e cerco di non farmi intimorire dalla pressione dei ciottoli contro la suola delle scarpe. Le case, assiepate le une alle altre come comari pettegole, mi accompagnano nel mio pellegrinare e mi inducono, con un sussurro di persiane, a fermarmi davanti alla chiesa di San Francesco. Ricordo il chiostro con i suoi archi e le sue sedie in fila, e ricordo gli attori e la musica che ho ascoltato con la testa leggera, una mano sulla spalla di un amico, catturati da un sogno che profumava d’estate e di belle parole. E io mi ci perdo ancora nell’evocazione di quei fantasmi e quasi mi inchino davanti al saio di un frate che mi passa accanto e mi sorride. Il suo volto è sconosciuto e nella linea del suo naso riconosco la bellezza mediterranea di un pescatore che ho incontrato in Marocco.
Strani collegamenti. Una serie infinita di connessioni che mi portano altrove per ricondurmi sempre qui.
Inseguo per un po’ il frate e dopo qualche svolta lo lascio andare per la sua strada: un nuovo quadro si è aperto davanti ai miei occhi incantati. La torre di Sulis, il mare in tempesta, il richiamo dei gabbiani. C’è vento e quel maestrale possente mi agita le pupille e le labbra. Ho voglia di parlare con qualcuno, di fermare uno dei tanti turisti soltanto per chiedergli da dove viene e offrirgli con quella scusa un caffè. Osservo dei ragazzi che suonano la chitarra a ridosso di un muro e dei vecchietti che parlano in circolo di qualcosa che mi sfugge. Mi incammino lungo le mura antiche, i Bastioni, e mi lascio graffiare dalla sabbia africana. I tramonti, qui, sono qualcosa di molto diverso da tutto quello che ho visto altrove. Il promontorio di Capo Caccia, acquattato sull’orizzonte come una bestia a caccia di prede, e le nuvole basse, che versano il rosso sangue della sera sul telo limpido del cielo, sono la rappresentazione fragile e violenta della bellezza di questa città. Una città di alghe e tramonti. Una città di pesca e corallo. Una città di silenzi invernali e di splendori estivi. Una città che puoi toccare con la punta delle dita e se ti distendi nudo su di lei la puoi abbracciare e quasi sentire il peso della sua storia contro il petto. Mi fermo davanti all’insegna di un ristorante e leggo: “Oggi spaghetti con bogamarì”. Quante volte ho gustato questa prelibatezza? E quante volte ho mangiato l’aragosta alla catalana? E il manjar blanc? E il pesce pescato dalle reti dei pescherecci che partono dal porto e rientrano alle prime ore del mattino? E quante volte ho aspettato l’alba nelle spiagge di Maria Pia, del Lazzaretto, delle Bombarde? Un cameriere mi osserva da dietro un vetro e mi sorride. Alghero, a novembre, rallenta il suo ritmo dopo la frenesia estiva e chi vuole godersi la bellezza di questi posti, con l’arrivo del freddo, trova pace e silenzio. C’è una stagione giusta per tutti. Per i giovani, per gli sposini, per le coppie in pensione, per le famiglie… chi visita Alghero viene stregato dal labirinto delle sue vie e un pezzo di cuore rimane imprigionato tra le sabbie e i coralli. Quanti stranieri hanno comprato casa qui? Con Ryanair le distanze si sono accorciate e i costi ridimensionati. Si parte da Londra per un week-end e si arriva in un attimo. Tutto è più semplice e il mondo si può infilare in una tasca. Ma questo non basta, e no… l’ho imparato sulla mia pelle che non è sufficiente pagare un biglietto pochi euro per capire un luogo dove non siamo mai stati. Quando si sbarca dall’aereo dobbiamo dimenticarci da dove arriviamo e chi siamo. Dobbiamo dimenticarci il nostro nome e le nostre abitudini; prendere un bel respiro, aprire gli occhi e lasciarci invadere dal nuovo “pianeta”.
Saluto il cameriere e procedo con la mia immersione nei fondali smeraldini del ricordo. Arrivo al porto e vedo un’insegna che dice “Pescheria di San Telmo”. Un altro collegamento si accende nella mia testa: Buenos Aires e il quartiere degli artisti. Ho dormito in Calle Bolivar e ho mangiato in Calle Defensa. Ho guardato i tangheri danzare in Plaza Dorrego. Ho bevuto la cerveza ghiacciata a Natale e ho mangiato la carne argentina da una griglia immensa. Altri sorrisi, altri mondi che trovo anche qui, per le strade di questa città affacciata sul mare, con lo sguardo verso Gibilterra, verso l’oceano. Proseguo lungo la nuova passeggiata Barcellona che ha permesso alla città di allungarsi sul mare e di ampliare gli spazi per i turisti e gli algheresi. Ci sono le barche, i chioschi che vendono gelati e souvenir, ci sono i turisti che si spostano in bicicletta sulla pista ciclabile e i runners che corrono controvento.  E io mi lascio trasportate dai ricordi.
Perché sono andato via? Ho inseguito un sogno impossibile? Ho cercato altrove un angolo che mi accogliesse con la stessa generosità?
Mi siedo su una panchina di legno e con le braccia e gli occhi aperti attendo il tramonto: un bagno di sangue e poesia che si stempera nel silenzio rotto solo dal ronfare delle macchine e dal richiamo dei gabbiani che attendono voraci il ritorno dei pescherecci in cerchi sempre più stretti.
Un turista tedesco si ferma con i pattini a rotelle vicino alla panchina dove mi sono seduto per ammirare lo spettacolo del cielo, e con un grande sorriso mi chiede: «Lei da dove viene?»
Lo guardo, sorrido anche io, e prima di rispondere ripeto la stessa domanda dentro la mia testa.
“Io da dove vengo?”
«Da qui!» rispondo, ancora prima di capire davvero cosa è giusto rispondere.
Il turista tedesco mi si siede accanto sulla panchina di legno e stringendomi la mano mi dice il suo nome e la sua città d’origine.
“Da qui”, penso ancora, confuso e sorpreso dalla semplicità di quella risposta, mentre lui si slaccia il casco e libera i lunghi capelli biondi nella luce dorata del tramonto.
Da qui.


Un grazie speciale a Giovanni Gelsomino... un uomo generoso.

domenica 9 marzo 2014

VIAKAL


Si può partire con una storia da un titolo?
Uno sparo nella testa che ti rincula immagini e un sapore amaro di piombo...?
Si può?


La tv trasmette il nuovo inno nazionale e io, con la croce muta, ascolto il lamento di un cantante senza molta gloria
Mi curo e mi purifico
Parole... il coraggio delle parole
parole nude

Ho la bocca sporca di rosso... ho morso l'odio e la paura
E quel titolo galleggia su onde di viakal