martedì 25 novembre 2014

DICIOTTO OSSA ROTTE di FRANCESCA RAMOS


Ho finito di leggerlo ieri notte e come succede tutte le volte che inciampo per puro caso in una cosa bella, ne sento subito una straziante nostalgia.
Sono arrivato al libro leggendo un post nel blog di Matteo B. Bianchi: mi incuriosiva l'idea che si trattasse di un romanzo uscito postumo (Francesca Ramos è morta i primi mesi del 2012 per delle complicazioni sopraggiunte dopo un delicato intervento chirurgico) e mi incuriosiva ancora di più il lavoro svolto da Matteo per riportare alla luce una storia che non meritava di restare nascosta nella penombra di un cassetto o nella memoria di chi l'aveva letta nelle sue varie bozze e versioni.
E così, con il benestare della famiglia dell'autrice, Matteo ha lavorato sul testo seguendo fedelmente le indicazioni e gli appunti lasciati da Francesca. Il suo intento era quello di riprendere in mano la storia dopo l'operazione per un'ultima revisione; aveva in mente qualche piccolo cambiamento e delle aggiunte per rendere più articolato l'ambiente musicale in cui si muove e lavora la protagonista. Cambiamenti che potevano arricchire il testo, ma non modificare l'ossatura principale della storia.

Il romanzo inizia con Francesca che è costretta a partire per raggiungere la madre a Roma, dove si è rotta una gamba. La partenza improvvisa la obbliga a chiedere aiuto alla cugina Alessandra - una cantante jazz che non vede da parecchi anni - perché si prenda cura del fratello Leonardo, un ragazzo affetto da un ritardo mentale che lo fa vivere in un mondo tutto suo pieno zeppo di regole, abitudini e amicizie immaginarie. 
Il romanzo è tutto qui in fondo... racconta l'incontro tra queste due anime sole e la loro convivenza complicata e coatta. 
Una cantante che cerca di cavarsela in un mondo musicale complicato e competitivo, e un ragazzo che non si separa mai dal suo bastoncino rosa. 
Nei pochi giorni passati insieme ritornano a galla i ricordi di un passato mai dimenticato, le estati trascorse insieme, le complicità, i giochi, i rituali della famiglia, il ricordo della piccola Elisa, la sorella di Francesca e di Leonardo, che all'età di 10 anni si è buttata dalla finestra senza un motivo apparente, scombussolando con la sua morte improvvisa gli equilibri già fragilissimi di una famiglia provata dalla nascita di Leo. 

Le diciotto ossa rotte del titolo sono le ossa che la piccola Elisa si rompe prima di morire in una calda notte d'estate nel giardino della casa al mare, tra i frutti marci dell'albero di nespolo. E la sua voce, dolce e infantile, spietata e lucida, ci accompagna nella storia raccontandoci la sua famiglia dal suo personale punto di vista.

Un romanzo fragile, tenero, semplice, diretto, crudo e poetico.

Come scrive Matteo B. Bianchi nella postfazione: "Diciotto ossa rotte" è la storia di una ragazza che è scomparsa troppo giovane e che riesce comunque a trovare il modo di comunicare la sua verità a chi è rimasto. Un'analogia così significativa non poteva in alcun modo essere ignorata.

IMPERDIBILE. 

mercoledì 19 novembre 2014

DRAGONERO di STEFANO VIETTI


Aspettavo questo romanzo da diversi mesi e la mia curiosità era alimentata dalla stima per l'autore e dalla passione per la serie Bonelli che ogni mese racconta le avventure di Dragonero. 
Ieri, finalmente, ho finito di leggerlo e posso dire con assoluta certezza che non solo il romanzo non ha deluso le mie aspettative (altissime), ma le ha persino superate, scosse e sorprese, 
E sì, perché il romanzo (e di questo sono enormemente felice) è molto più nero. crudo e duro della serie a fumetti. Sono descritte delle scene di lotta e di guerra magistrali... non vi posso svelare troppo perché ucciderei il piacere della lettura con delle anticipazioni inutili. Vi dico solo che il personaggio di Ian, il guerriero dal sangue di Drago, si arricchisce di nuove sfumature e così accade con i suoi eccezionali comprimari: l'orco Gmor e l'elfa di Frondascrura di nome Sera. 

Il romanzo racconta il tentativo del mago Alben di fermare, insieme all'aiuto dei nostri tre eroi, un'entità oscura e malvagia di nome Caen che si è ridestata dal suo sonno secolare con il cuore gonfio di odio e vendetta. Un reietto, il risultato di terribili mutazioni genetiche che hanno creato una stirpe di creature dai poteri incontrollabili. Ne sono rimaste solo due in vita. Caen e Loenia... anche lei fuggita dalla sua prigione per raggiungere il fratello di sangue. Chi arriverà prima nella voragine che imprigiona ancora Caen? Alben con i suoi compagni di viaggio o la reietta in fuga? 
La storia è ricca di sorprese inattese e dovrete arrivare fino all'ultima pagina per capire davvero tutti i segreti e i misteri della complessa trama intessuta dall'abilità e dalla fantasia di Stefano Vietti. Un autore che non si perde in chiacchiere e ama l'azione e la concretezza. Forse proprio perché arriva dal mondo del fumetto e ama visualizzare le storie che scrive con immagini chiare, dirette e senza fronzoli superflui. 



Il romanzo ha venduto così bene - ben oltre le iniziali aspettative - che sono stati annunciati dagli stessi autori un secondo romanzo - scritto da Luca Enoch, coautore della serie - e persino un terzo libro, firmato ancora una volta da Vietti. 
Una staffetta doverosa e necessaria per permettere agli autori di seguire la serie a fumetti e diversi progetti collaterali. 
Inutile dirvi che non vedo l'ora di rituffarmi nell'avventura pura... nell'attesa, calmerò la mia sete, con gli albi Bonelli. 
Vi pare poco? :-)


Vietti con Draginero.


L'orco Gmor.


Vietti coccolato dalle sue creature.

domenica 9 novembre 2014

AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA


Ieri sera, io e i miei amici, siamo andati a mangiare in un locale dove suonavano due nostri amici. Ci siamo andati alla cieca, senza sapere niente su come e su cosa si mangiava. Un locale che ha cambiato gestione il 15 ottobre - abbiamo scoperto poi - e che quindi dovrebbe fare di tutto per attirare nuova clientela e, nel caso, confermare la vecchia. Com'è andata? Mah... diciamo che ieri sera ho avuto l'ennesima conferma che ristoratori non ci si improvvisa come pensano molte persone con cui mi capita di parlare. La convinzione comune è che se sei bravo a cucinare e spadellare per gli amici nella cucina di casa tua, sarai anche bravo nella gestione di un cucina professionale che deve sfornare piatti per molte persone con ritmi e scansioni del tutto diverse. Sappiate che non è così. Si pensa, erroneamente, che i guadagni siano facili e che in fondo, dare da mangiare alla gente, è la cosa più semplice che ci possa essere al mondo. Che ci vuole?  Be', prima di tutto ci vuole professionalità in tutti i reparti, perché bisogna saper cucinare e gestire nel modo giusto la cucina, i macchinari, i reparti, la spesa, il personale; perché bisogna saper servire e seguire il cliente con gentilezza e prontezza di spirito; perché si devono usare prodotti di prima qualità e non barare... perché chi bara rischia sempre grosso. 

Ieri sera siamo arrivati quando il locale era già pieno. Tavolo prenotato per le 21:30. Siamo in sei. Ci sediamo senza che nessuno ci accolga e ci indichi il tavolo. Lo scopriamo da soli perché si trova all'ingresso con un cartellino con su scritto il mio cognome. Nessuno si avvicina a chiederci se siamo i clienti che hanno prenotato. Nulla. Una cameriera, dopo una decina di minuti, ci porta due menù e ci avvisa che appena può ce ne porterà degli altri. Ci arrangiamo con quelli e vediamo cosa propone il ristorante. Alla fine optiamo per tre tagliate di manzo con patate arrosto e tre grigliate miste di carne con contorno compreso. Ordiniamo della birra e acqua naturale. Dopo pochi minuti si avvicina una nostra amica, seduta in un altro tavolo, e scopriamo che il loro menù è diverso dal nostro. Incuriositi le chiediamo di farcelo vedere e nell'altro menù ci sono insalate di tutti i tipi e piatti comporti di carne e di pesce a un prezzo decisamente più economico. Chiediamo una spiegazione a una cameriera quando ci portano le tagliate e le patate fritte. L'avvisiamo che abbiamo ordinato tre porzioni di patate arrosto e lei, impacciata, ci lascia la carne e ci dice che va a controllare. Cosa è successo? Lo scopriamo quando al tavolo torna il capo-servizio che ha preso l'ordine. La cameriera ha portato al nostro tavolo un menù sbagliato e le patate al forno non ci sono. Ah... ok. Peccato che la comanda l'hai presa tu. I contorni della grigliata non sono compresi ma da pagare a parte. Come scusa? Ci lamentiamo perché noi abbiamo letto altro nel nostro menù e lui ci dice di stare sereni che sistemerà le cose lui. 
Io tendo a non dire mai nulla in questi casi, ma un amico più preciso e pignolo di me, quando il gestore gli chiede se va tutto bene gli risponde: non esattamente... dipende se vuole sentire la verità o una frase di cortesia. Alla fine ridono e scherzano e gli spiega il problema. Lui si scusa dicendo che hanno aperto da poco, che lui nella vita fa il falegname e quella è una nuova avventura dove si è appena infilato e allora tu capisci che quello che stai pensando - ovvero che sei capitato tra mani di gente improvvisata - è proprio vero. Mi fanno quasi tenerezza. 
I tavoli vicino a noi si lamentano. Un tipo si alza per cercare il capo-servizio per l'ordine. Un altro tavolo riceve delle cose che non ha ordinato dopo un'attesa lunghissima e per sfinimento accettano di mangiare quello che è arrivato. Insomma... una catastrofe. Una cameriera ci spiega che i clienti sono arrivati tutti insieme e che non si aspettavano un afflusso così grande perché avevano solo tre tavoli prenotati. Molto male. Tu, di sabato, non puoi organizzare una serata e sottostimare la situazione. Devi essere pronto, in cucina e in sala, ad affrontare almeno il numero di coperti che prevede il tuo locale. Ci offrono 4 panne cotte per coccolarci e quando chiediamo il conto ci sbagliano il totale di ben 10 euro. Lo facciamo presente e scusandosi in aramaico, ci restituiscono i soldi. Peccato che dopo di noi, arrivi un'altra cliente a lamentarsi per un conto sbagliato. Mah... ecco, queste sono le cose che rischiano di trasformare un'ingenuità in un dubbio poco piacevole. 

Come abbiamo mangiato? I piatti erano buoni - scarsa la porzione della tagliata - e di certo non siamo usciti di malumore, ma... ecco... ci sono molti ma. Se il signor falegname non limerà un po' di cose che non vanno... mmmm... come dire... non credo che andranno molto lontano. Un gestore che chiede consiglio ai clienti perché lui non è del mestiere, come dicevo, può fare tenerezza, ma non è un bel biglietto da visita per chi viene a spendere i suoi soldini - spesso scarsi di questi tempi - per mangiare nel tuo locale. 

Quindi, se siete un idraulico o un meccanico o un infermiere, e vi viene l'idea folle di aprire un ristorante... ecco, pensateci bene. Rischiereste di buttare al vento i vostri preziosi risparmi e di aumentare la montagna di debiti. 

sabato 8 novembre 2014

UNA SERA FUORI E DENTRO LA SCENA


Ieri sera sono andato a teatro per vedere lo spettacolo VARIAZIONI ENIGMATICHE con Stefano Cossu e Carlo Valle. Era da un po' di tempo che non andavo a teatro e l'emozione della sala, del palco, delle luci, delle voci degli attori, mi ha avvolto e stimolato pensieri ed emozioni. La cosa che mi stupisce sempre - io che dimentico tutto - è la capacità degli attori di memorizzare una quantità  impressionate di parole. Il testo recitato ieri sera non era per niente semplice. Ricco di cambi di tono e di registro - dal grottesco, al comico, al drammatico - presentava infinite insidie per gli attori in scena. Vedere Stefano Cossu piangere in un momento altamente tragico della storia, mentre evoca un avvenimento doloroso della sua vita, mi ha sorpreso e incantato. Ho pensato a un trucco scenico. Qualche sostanza urticante spalmata sulle dita? E invece no. Tutta farina dell'attore - direbbe un fornaio - che riesce a compenetrare l'emozione e il dolore e lo ributta fuori in forma liquida per il piacere del pubblico che osserva. E che dire della cinica follia interpretata da Carlo Valle? Uno scrittore premio Nobel che vive in un'isola sperduta nel vuoto della solitudine. Uno scrittore che nel confronto con un giornalista che va a intervistarlo sulla sua isola (non solo geografica), riesce a sparare una serie di bordate che non passano inosservate. Amore, memoria, valore della verità. invadenza della menzogna, finzione, illusione... c'era tutto questo e molto altro ieri sera su quel palco e io dico grazie alla magia del teatro che ha il potere di portarti altrove senza spostarti di un millimetro. 

Uscito dal teatro mi sono incamminato con un amico nel centro storico della città. Salendo il Corso ho provato uno sconforto incredibile. Un grigiore e una desolazione inaudita. Negozi chiusi. Cartelli dove leggevi solo VENDESI  e AFFITTASI. Serrande e vetrine vuote che solo pochi anni fa accoglievano tante attività commerciali. La macelleria, il fioraio, il negozio di elettrodomestici, il calzolaio... negozi che rendevano viva e pulsante quell'arteria della città. Ho trovato aperto solo un locale - uno zilleri - con musica sparata a palla e una fauna strana e variegata con birrozza in mano e sigaretta alla bocca che stazionava in prossimità della porta - una tenda ti impediva di vedere qualcosa del locale. Solo luci verdi e viola e musica assordante. Li guardavo e mi chiedevo: ma da dove saltano fuori tutti questi zombie? Mi apparivano come le comparse perfette di un film ambientato nella periferia degradata di una qualsiasi città. C'era in loro qualcosa di teso, nervoso, febbrile... non comunicavano allegria, gioia, divertimento. E le ragazze con il trucco pesante, le gonne cortissime, le scarpe altissime che non riuscivano a gestire camminando sull'acciottolato della via,.. una di queste c'è passata davanti a piedi nudi... con le scarpe in mano. La faccia stravolta. Poi mi sono detto: be', anche io, in gioventù ho bevuto e ho esagerato e ho sbarellato di brutto... anche io ho recitato nella stessa commedia o farsa... e allora cosa cambia in questo caso?
Cambiava solo la cornice, ecco cosa cambiava. Una città allo sbando che perde pezzi e rende il tutto molto più triste e decadente. La sensazione di perdere il controllo della realtà... in una deriva che non sai frenare e ignori quanto ti possa portare lontano.

In una sera - la stessa sera - la finzione magica del teatro e la verità nuda della realtà. Alza il sipario... cala il sipario. Applausi.

Ieri sera ho provato tristezza e dolore per la mia città. Tristezza e dolore. Tutto qui.