lunedì 30 marzo 2015

QUELLO CHE SIAMO STATI


Domenica pomeriggio, mi sono fatto una bella chiacchierata con la mia super-nonnina. Ho vissuto con lei dai 0 ai 3 anni. Mia madre insegnava nei paesi più sperduti dell'isola e tornava sempre troppo tardi il pomeriggio per potermi lasciare solo. Ci pensò mia nonna ad aiutarli e io, per 3 anni, ho vissuto con lei e mio nonno ad Alghero. I miei genitori venivano a trovarmi tutte le domeniche e si restava insieme. Mia nonna mi ha raccontato di quel periodo. Del Carlo piccolo che la chiamava "mamma". Un bambino bravissimo e sorridente.
"Ti mettevo sul vasino con un banchetto davanti per giocare con le macchinine e tu stavi lì anche un'ora, giocando sereno. Io pulivo casa e tu giocavi e ridevi."
"Ti piaceva chiuderti nello sgabuzzino per giocare con le pentole. Tiravi la tenda e giocavi con tegami e padelle."
"Quando la domenica arrivavano i tuoi genitori, esplodevi di gioia... e quando, la sera, tornavano a Sassari, ti prendevo in braccio e tu li salutavi con la manina dalla finestra. Tutte le volte li chiamavi e dicevi: "Mamma... io voglio mamma!"... tua mamma piangeva di nascosto e andava via con il cuore rotto. Poi ti calmavi, io ti dicevo che mamma sarebbe tornata la domenica successiva e tu aspettavi quel giorno sereno."
Ora ho capito molte cose.
Ricordo quegli anni come anni sereni. Adoravo mia nonna. La amavo di un amore assoluto e pensare alla sua morte mi faceva tremare i polsi. Era lei che mi accudiva e coccolava, Lei che mi dava da mangiare e mi portava ai giardinetti a giocare. Lei che mi sorrideva con i suoi occhi tersi e mi ricopriva di baci. Tutti la scambiavano per la mia mamma e lei, ogni volta, diceva... "No, io sono la nonna!"
Ricordo lo sgabuzzino e tutte le stanze di quella casa. Ricordo nonno e i pesci che portava la domenica e ricordo mia zia Angela e la sua bellezza. Ricordo tante cose... tutte strade segnate sul mio volto.
Nella foto si vede mia zia Angela, allora una giovane fanciulla di 20 anni, la mano di mia Nonna che mi vuole pettinare e io che sono convinto di essere - forse - un grande sarto che controlla la piega del vestito. Chissà cosa aveva attirato la mia attenzione!

mercoledì 25 marzo 2015

OCCHIO ALLA MONTATURA (MEDIATICA?)


Venerdì scorso mi sono recato in un negozio di ottica dove mi servo da diversi anni per ordinare gli occhiali nuovi. 
Il momento è arrivato. Il solco saltato. Il bivio finalmente giunto sulla mia strada. Passo dalle lenti mono-focali alle lenti progressive. Primo segnale che l'età avanza inesorabile. 
Il mio difetto di vista, superati i 40 anni, porta a un improvviso invecchiamento degli occhi di un lustro, e urge rimediare con degli occhiali che mi permettano di vedere da lontano e da vicino (lettura), con una gradazione intermedia per media distanza (computer), 
Fatta la visita a dicembre dal mio oculista, ho tentennato diversi mesi ascoltando diversi opinioni su queste famigerate lenti progressive. Molte persone mi hanno raccontato di problemi di adattamento pazzeschi: nausea, capogiro, persino crisi di vomito... e io mi sono chiesto: "Mi toccherà girare con due occhiali per il resto della mia vita? Uno per la vista da lontano e uno, agganciato al collo, per riuscire a leggere il prezzo dei ravanelli al mercato della frutta e verdura?"
Decido di affrontare la situazione - anche economica - e cerco di capire cosa mi aspetta.

Entro, spiego cosa cerco e consegno la prescrizione del mio oculista al commesso del negozio di ottica. Mi accompagna nella sala dove sono esposte le montature. Vorrei una montatura simile a quella che indosso. Lui mi osserva, poi si gira verso la vetrina illuminata con tutte le montature e ne sceglie una. Me la porge. Chiedo la marca. Mi risponde. "Dolce & Gabbana."
"Noooo... niente Dolce & Gabbana!"ribatto io, con piglio deciso. 
Lui mi guarda e mi dice: "Mmm... anche lei? Mi è già successo in questi giorni."
Provo altre due montature e il commesso, chiamato da un responsabile del negozio, mi lascia nelle mani di una collega. Mi presento. Spiego anche a lei cosa sto cercando. Prende sorridente una montatura dallo scaffale e mi dice: "Provi questa!"
"Marca?"
"Dolce & Gabbana."
"Di nuovo?", penso. "Ma sono appassionati del marchio o cercano di vendere delle montature che nessuno vuole più?"
Ripeto anche a lei che non voglio montature di quella marca e vedo l'espressione stranita della commessa che si incrocia con un'altra collega. Anche un altro cliente, un signore di mezza età impegnato come me nella scelta di un occhiale progressivo, mi guarda e sorride. Ha capito.
Dopo varie prove individuo due montature. Una di Gucci e una di Armani. Quella di Gucci è fighissima. Quella di Armani è molto particolare. Chiedo il prezzo. Gucci 240 euro ('sticazzi!), Armani 120 euro. E figurati se io non mi innamoro della montatura più costosa!
Ci sediamo e parliamo delle lenti. Mi apre davanti uno schema e mi illustra come sono composte le lenti progressive. In poche parole, a parte le tre zone per vista da lontano, distanza media e da vicino, ai lati, ci sono due zone cieche, dove non riesci a mettere a fuoco l'immagine. Quindi, più sono ampie queste zone laterali, più si restringe la zona dove metti a fuoco l'immagine, e più scende il prezzo delle lenti. Ovviamente con tutte le problematiche di adattamento (vedi nausea, capogiri, vomito) che ne conseguono. Chiedo il costo delle tre opzioni. Sono già seduto... non posso crollare al suolo. Arriva la sentenza. Mettendo le lenti più buone e la montatura Armani spendo 950 euro. Parliamo di 3/4 di uno stipendio medio. Pazzesco! Con lo sconto arrivo a 870, compresa l'assicurazione sulle lenti che mi garantisce, nei prossimi 2 anni, di poterle cambiare con il 70% di sconto se le dovessi graffiare o danneggiare. 
Okay... li compro. Non posso farne a meno. Senza occhiali non distinguo i parenti.
Ho un mese di tempo per capire se mi abituerò alle lenti progressive. Se non riuscissi proprio a tenerli e indossarli, mi faranno due occhiali, uno da lontano e uno da vicino, con la stessa medesima cifra (troppo buoni!)
Esco dal negozio frastornato e nei giorni successivi mi scontro con mezzo mondo. Tutti mi dicono: "Ma sei matto? Ma dovevi andare qui e dovevi andare là e risparmiavi." 
Si sa, sono tutti furbissimi e bravissimi quando si parla dei casini altrui. Io sorrido e dico solo: "E non potevi dirmelo prima?"... così li faccio contenti e ci passo per fesso io. Poi ho anche pensato alle piccole azioni che tutti noi facciamo e mi sono detto: "Beh, mica è una cosa da poco se uno dice no a una montatura d'occhiale, se uno dice no a una borsetta e un altro a un pantalone... l'effetto a catena può essere devastante per un marchio come Dolce & Gabbana!"
Sono pentito del mio boicottaggio? Manco per niente. Io sono molto Dolce e non sono per niente un Volta-Gabbana... diversamente da certi signorotti ricchi e viziati che pensano di poter sparare cazzate senza subire nessuna conseguenza e urlano FASCISTI a chi decide di non comprare più un bottone della loro linea di moda. 

Post dedicato ai BAMBINI SINTETICI. Facciamoci una risata alla faccia loro. :-)

sabato 21 marzo 2015

ATTO OSCENI IN LUOGO PRIVATO di MARCO MISSIROLI


La voglia di leggere può sparire di colpo e lasciarti orfano di un piacere sublime che ami gustare nel silenzio della tua camera. 
Un rallentamento improvviso. Un malumore. Una nuvola nera. Possono essere mille le cause di un disamore. Giri sconsolato per casa, sfiori i dorsi dei libri che aspettano un segnale, e tu non sai ancora quando finirà questa terribile astinenza-assenza. 

La mia è durata un mese. Trenta giorni di "no" ripetuti a denti stretti. 
Poi, un giorno, ho letto su Facebook un post scritto da Michela Murgia: parlava con meraviglia e passione di un romanzo. Il titolo mi lasciava perplesso: c'era qualcosa che strideva nelle mie orecchie. ATTI OSCENI IN LUOGO PRIVATO. Mah! 
L'autore lo conoscevo di nome. Punto. Mai letto. Lascio correre. Passa qualche giorno e ricado su un nuovo post. Questa volta è Roberto Saviano a scrivere il suo post. Stesso autore. Stesso romanzo. Stesso entusiasmo. 

Solitamente diffido dei troppi complimenti... ma questa volta un tarlo ha iniziato a mordermi il cervello. 
Terza botta: la recensione entusiastica del critico del "Corriere della Sera". 
Mi dico: qua non torna qualcosa. Sarà mai possibile che tre personaggi illustri che ammiro per diversi motivi, siano tutti concordi sulla bellezza dello stesso testo e scrivano all'autore con la stessa passione e la stessa gratitudine?
Finisce nel modo più scontato per la mia fottuta curiosità. Lo compro.
Inizio a leggerlo quasi subito... sfidando la mia bulimia da parole. I primi giorni tentenno. Non riesco ad andare oltre un capitolo. Poche righe per godere della magia di una storia che ancora non mi è molto chiara. 
Libero Marsell, il protagonista che incontro all'età di 12 anni, mi sta subito simpatico. Simpatico con riserva, aggiungerei. Qualcosa di lui mi sfugge. Devo capire.
Il ritmo aumenta dopo metà romanzo. Ora ho più familiarità con Libero e le sue ossessioni. Il suo erotismo sfacciato e impertinente. La sua ricerca di una geografia dei sensi. Ho conosciuto la sua famiglia, le sue donne e i suoi amici. Corro sempre più veloce e arrivo alla fine con la sensazione di aver saltato un fosso e, soprattutto, di aver curato la mia astinenza letteraria con una bella "scopata" di parole. 

Chi legge il mio blog sa bene che non scrivo delle vere e proprie recensioni. Mi limito a delle leggere pennellate. Pure sensazioni. Impressioni. Niente di più. 
Il romanzo è un classico romanzo di formazione alla "Giovane Holden" - e più di un recensore lo ha avvicinato al capolavoro di Salinger - e narra la storia di Libero, dividendo il romanzo in 6 sezioni che corrispondo a diverse fasi della sua vita. 
Tutto inizia con una frase buttata lì dalla madre e da una risposta inattesa del padre durante una cena. Un piccolo chiodo che entra nella testa del protagonista adolescente e gli fa capire il senso di quello che un giorno ha scoperto spiando l'intimità della madre. Un atto erotico con un amico di famiglia. Un tradimento. 
Da lì parte la ricerca di un senso e la scoperta del piacere. Autoerotismo e fantasie. Il risveglio del corpo. Le mutazioni della pubertà. I primi peli. Il cambio di voce. La paura dell'invisibilità. L'ultimo che nessuno vede e nota. 
Sarà Marie, una bibliotecaria, ex-fidanzata dell'amante di sua madre, ad aprire altre porte grazie all'aiuto prezioso dei libri. Battesimo con "Lo straniero" di Camus. 
E sarà Parigi a tracciare le prime linee sul suo corpo con la passione viscerale per la sorella di un amico. 

Tanti i personaggi e tante sfumature diverse. Ho trovato particolarmente riuscita la parte Milanese, dove Libero lavora in uno studio d'avvocati e la sera serve ai tavoli di un'osteria sui Navigli gestita da Giorgio, un omone saggio e burbero, costretto su una sedia a rotelle, che a suon di musica saprà ascoltare e consigliare il suo giovane amico

Quindi Grazie Marco. Dopo Michela, Roberto e il super Critico del Giornalone... arrivo io, piccolo piccolo, a dirti che il tuo Libero mi ha fatto tornare la voglia di leggere, di scrivere e di vivere.

Vi pare poco?