Domenica scorsa, mentre servivo in ristorante durante l'ora di pranzo, mi è capitata una cosa che mi ha un po' sorpreso, un po' imbarazzato e un po' scombussolato.
Quando lavori a contatto con le persone possono capitare tanti piccoli equivoci, incidenti, incomprensioni: la comunicazione verbale non è sempre perfetta e si scivola facilmente nell'incomprensione.
Ma quando sono gli occhi a tradirti...be', allora le cose si complicano.
Durante il servizio (era una bellissima giornata e c'era un bel movimento di turisti e di locali che volevano passare la domenica mattina mangiando sereni in ristorante) è entrata una coppia che aveva prenotato un tavolo: un uomo di mezza età tracagnotto e pelato e una donna sui 35 anni con i capelli neri, lisci, di media lunghezza e un viso vagamente orientale.
Sono vestiti in modo informale: jeans, camicia e maglioncino.
La signora, quando porto i menù, mi chiede cosa c'è di buono oggi: rispondo che tutto quello che troverà nel menù è buono; dipende dai gusti.
Mi sorride e inizia a leggere.
(Precisazione: nel nostro ristorante non c'è un piatto del giorno, il menù, molto ricco e articolato, è sempre quello. Al massimo cambia quando si decidono i piatti per la nuova stagione, prima di stampare i menù dal tipografo: dopo questo summit culinario tra chef e proprietari, non si cambia più per tutto l'anno. Sono scelte aziendali!).
Guardando la signora noto che c'è qualcosa nel modo di fare e nel look che mi ricorda certe ragazze lesbiche che mi è capitato di conoscere in passato.
Ordinano un piatto di spaghetti alle vongole e un fritto misto per due.
Porto da bere (vino e acqua) e continuo a servire gli altri tavoli, preso dalla frenesia del lavoro.
Quando arriva il momento di portare gli spaghetti alla coppia rispondo allo squillo del campanello io (in ristorante non abbiamo i ranghi) e prendo i piatti uno per mano, uscendo dalla porta basculante e dirigendomi sicuro verso il tavolo della coppia curiosa.
"Ecco i suoi spaghetti, signora", dico sorridente, e lei ribatte all'istante: "Signore prego!"
Poso il piatto sul tavolo senza reagire e servo anche l'altro commensale che trattiene a stento una risatina divertita.
Vado via senza aggiungere una parola.
"Ma porc...zozza...cazz...ma perché non mi tappo quel cesso di bocca che mi ritrovo? Non potevo posare il piatto ed evitare di condire il tutto con una frase inutile?"
Continuo a lavorare e più guardo/spio/sbircio la signora/signore e più mi sembra strano che i miei occhi possano avermi tradito.
Continuo a vederla come una donna, mascolina, androgina forse, ma donna.
Il signore è chiaramente talassemico e a mia discolpa mi consolo dicendomi che il suo viso vagamente orientale, liscio, senza tratti evidenti e segni di peluria, poteva trarre in inganno chiunque.
Racconto l'episodio in cucina e il lavapiatti, che dalla porta può vedere il tavolo in questione, mi conforta dicendomi: "E' un uomo? Ma sei sicuro? Ero certo anche io che si trattasse di una donna...un po' bruttina, ma donna".
L'episodio mi ha colpito moltissimo.
Ho pensato a quanto il nostro aspetto, la nostra apparenza possano condizionare la percezione che il mondo ha di noi.
Avrei voluto scusarmi con il signore ma ho capito che non era il caso: potevo solo peggiorare la situazione.
Gli ho servito caffè e dessert senza dire niente.
Come se niente fosse.
Alla fine mi hanno lasciato anche 2 euro di mancia.
Forse hanno sorriso del piccolo equivoco.
Forse.
ALIAS
credo proprio che non fosse la prima volta (e non sarà l'ultima) che un tale equivoco capiterà, probabilmente quella persona ha imparato a prenderla con ironia. quando avevo 16-17 anni io venivo spesso scambiata per un ragazzo.
RispondiEliminaConvengo con te che a certe ambiguità d'interpretazione si fa un po' il callo con il passare degli anni.
RispondiEliminaIo fino ai 14 anni sono stato ripetutamente scambiato per una femmina..ormai avevo fatto l'abitudine :)
RispondiEliminaIo sono stato scambiato spesso per un cretino, uno stronzo o un presuntuoso. La risposta era molto più semplice: timidezza cronica.
RispondiElimina:-)