Ieri sera, nella nuova lezione del corso sull'editoria, abbiamo parlato di come un libraio lavora con le case editrici e con i distributori.
Il libraio che ci ha tenuto la lezione è un libraio indipendente, quindi la sua visione delle cose, il suo rapporto con la realtà, non può essere paragonato a quello di una libreria di catena (Mondadori, Feltrinelli ecc.).
Un operatore del settore che sceglie di essere "fuori dal mercato", indirizzandosi sempre meno sulla narrativa, e puntando sulla saggistica, con un'attenzione particolare ai temi politici ed economici. Decide, coscientemente, di dire "no" ai libri di cassetta (vedi Vespa) che le permetterebbero di "fare cassa", e "resiste", offrendo qualcosa di diverso, di settoriale, di fortemente voluto, amato, condiviso con i suoi clienti-amici-lettori.
E lo fa inserendo nel punto vendita anche artigianato sardo di qualità, scegliendo gli artigiani, piccoli, piccolissimi; proponendoli, valorizzandoli, contro l'omologazione del souvenir Made in China.
In Sardegna ci sono solo due grandi distributori, il terzo chiuderà i battenti il 31 dicembre di quest'anno. Nato solo 2 anni fa, è passato da un'insolvenza del 25% da parte delle librerie, nel primo anno di attività, a un'insolvenza del 75% nel secondo. Una situazione tragica che ha portato il distributore verso una scelta triste e complicata: quella di chiudere (o fallire).
Le altre due realtà si muovono con metodiche diverse. Il più grosso richiede pagamenti a 60 giorni cascasse il cielo in terra, il più piccolo è meno fiscale e opta per una specie di conto-deposito (a fine anno si fanno i conti e si paga il dovuto). Questo cosa comporta? Semplice: nel primo caso il libraio, con la mannaia del pagamento a 60 giorni, quando ordina, preferisce prendere autori sicuri e puntare meno sulle piccole case editrici e sugli autori esordienti (troppo rischiosi) e il distributore si ritrova con tutte le copie di una C.E. piccola in magazzino, anche se la C.E. ha chiesto al distributore di portarli comunque nei punti vendita, pur di dare visibilità al prodotto. Molti libri quindi fanno muffa in magazzino e non arrivano mai nello scaffale delle librerie.
Nel secondo caso, il libraio, ordina più sereno e può sperimentare strade nuove, autori nuovi, piccole realtà alternative.
Normalmente la distribuzione si prende il 35-40% del prezzo di copertina, il 28% rimane al libraio e il resto all'editore che, se è serio, paga anche i diritti all'autore (5-7%). Quindi vi chiederete...con un margine di guadagno così ridotto, come fanno le grandi librerie di catena a fare sconti del 25%? Semplice: hanno margini di sconto maggiori da parte delle case editrici che guadagnano sulla quantità di libri venduti.
Per le librerie c'è anche il problema del reso. Se anni fa restituire i libri costava poco; c'era infatti un decreto legge che permetteva di usufruire di sconti particolarmente agevoli per la restituzione dell'invenduto (si parla di quello che oggi equivarrebbe a 5 euro per un pacco di 30 kg.), oggi non è più così. Una delle prime cose che ha fatto il governo del Biscione appena insediato, è stata quella di eliminare questa agevolazione SOLO , e ripeto...SOLO, alle librerie indipendenti.
Perciò, mentre le grandi catene continuano ancora a usufruirne, i piccoli devono ricorrere a dei corrieri, con dei costi di spedizione altissimi che vanno a rosicchiare quel misero 28 % di guadagno di cui ho parlato prima.
Con questo tranello si spiega perché le librerie indipendenti ordinano con oculatezza...temendo fondi di magazzino eccessivi...e rispettivi costi di smaltimento.
Non so se avete intuito come siamo messi, ma la situazione è tutto meno che rosea.
I distributori sono cari, le librerie non riescono a onorare i pagamenti, le case editrici piccole (nel caso di autogestione) non vedono i soldi, i nuovi libri in programma non si pubblicano, tutto il meccanismo si blocca e la piccola editoria, e le piccole librerie, arrancano.
Se pensavate di aprire una libreria...ecco...meditate con attenzione (non parliamo di una casa editrice!).
I denti della tagliola sono voraci e affilati, e non tutti possono vivere di ideali con un misero 28% di guadagno (anche perché è un 28% apparente...e non di sostanza).
Pensateci quando comprate un libro nelle grandi catene. Pensateci al vostro gesto.
E' un gesto politico importantissimo. Pensate alla piccola libreria sotto casa...alla fatica che fa per restare aperta...un presidio invisibile per non cedere al ricatto dei numeri, per non cedere all'idea imperante che un libro è un prodotto da vendere esattamente come una scatola di biscotti.
Non è così.
Non deve essere così.
Mai.
Una realtà tristissima!
RispondiEliminaChe ci porta a dire: RESISTIAMO. :-)
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