martedì 15 aprile 2014

A BOCCA CHIUSA di STEFANO BONAZZI


Ho letto questo libro perché mi è stato consigliato da un amico. 
Amo il genere thriller e sapere che si trattava di un giovane autore esordiente ha stimolato ulteriormente la mia curiosità. 
La copertina mi ha fatto pensare subito al caldo afoso dell'estate - il campo di grano o le sterpaglie che si vedono nell'immagine - e la vanga a qualche corpo - o segreto inconfessabile - nascosto sotto un metro di terra arida e secca. 
La promessa è stata mantenuta solo in parte. Il libro non è un thriller nel senso stretto del termine - anzi, la componente thriller è davvero irrilevante - ma il caldo asfissiante c'è e ci sono anche i corpi e i segreti inconfessabili. 
I corpi non sono morti, ma si muovono come automi dentro una scenografia claustrofobica e alienante. 
Il romanzo racconta la storia di un bambino che deve passare le vacanze a casa con il nonno perché la mamma e la nonna lavorano. Un nonno ex-camionista arrabbiato con il mondo e con la gente. La gente è tutta cattiva, inutile, falsa, interessata al denaro che ha messo da parte. La gente può inquinare la mente del nipote e trasformarlo in una nullità. La casa del nonno è silenziosa e buia. Le finestre sono sempre chiuse e la penombra regna ovunque. Il bambino passa il tempo costruendo mondi fantastici con i mattoncini Lego su un tappeto rosso che lo contiene - e lo protegge - come un utero caldo e avvolgente. L'ombra del nonno è una presenza oscura e silenziosa. Un'idea di uomo che non si riesce mai a cogliere del tutto. Le fantasie del bambino, il suo non-tempo in quella casa vuota d'amore, l'estate che scivola sorniona fuori dalle finestre, le voci e i rumori del palazzo... non si possono tradire le aspettative del nonno. 
E quando Luca, un ragazzino che abita nello stesso stabile, "rapisce" il protagonista per portarlo in un mondo di biciclette, terra e polvere, il dramma esploderà con una crudeltà assoluta. Senza dire niente alle donne di casa - che conoscono e taciono la tendenza alla violenza dell'uomo - il vecchio burbero inizierà a lasciare il bambino sotto il sole nel terrazzino della casa, e per tutto il tempo, indifferente al caldo e senza fornire acqua o cibo al bambino, penserà solo a dormire e a ignorare il mondo di fuori. Sarà ancora Luca a portare lontano da quella prigione il bambino-mattoncino e il suo gesto ribelle innescherà un meccanismo subdolo e spietato che modificherà la percezione stessa del reale da parte del piccolo protagonista. 

Il romanzo di Bonazzi è duro, crudele, cattivo e non lascia molto spazio alla speranza. Siamo tutti vittime. Siamo tutti prigionieri di un sogno, di una paura, di un ricordo... tutti ci muoviamo trascinati da fili invisibili che non riusciamo a spezzare mai del tutto. L'infanzia è un luogo di bellezza e perdizione. Una dimensione dove possono nascere le fedeltà e le ossessioni più sublimi e assolute. 
Schiavi di un click che ci imprigiona dentro una foto sovraesposta...



Ho intervistato l'autore e grazie alle sue parole capiremo meglio la natura della sua opera e della sua anima (volo troppo alto?)

Ciao, Stefano… il tuo romanzo è difficile da classificare. Si muove – direi quasi si agita – tra gli angoli oscuri di molti generi e non ne abbraccia del tutto nessuno. Se dovessi raccontare a chi non ti ha ancora letto la natura, intima e profonda, del tuo romanzo, cosa diresti?
Ciao Carlo, grazie per la possibilità di prender parte al tuo blog letterario. Se dovessi spiegare A bocca chiusa in poche frasi lo definirei come un trip allucinogeno e claustrofobico sulla desolazione dell'individuo moderno. Una sorta di “Trainspotting” visto con gli occhi di un bambino.

L’idea del romanzo da dove nasce?
Dalla volontà di raccontare un disagio. Inizialmente non avevo ben chiaro tutto lo svolgimento narrativo. Sono partito piantando un seme nero, poi l'ho annaffiato e coltivato pagina dopo pagina, notte dopo notte, in modo che potesse diventare un immenso e intricato groviglio di rami.
Volevo una storia che potesse prendere a pugni il lettore, che lo lasciasse con un sapore amaro al termine di ogni capitolo.
Mi piacciono i libri che in qualche modo cercano di destabilizzare e mettere alla prova, che non lo assecondano comodamente nella lettura e che una volta raggiunta l'ultima pagina possano lasciare qualcosa, un retrogusto amaro. Spero con A bocca chiusa, di aver lasciato un mio piccolo tributo a questo genere letterario.

Leggendolo viene spontaneo chiedersi quanto ci sia di autobiografico nella storia. Ci hai messo un po’ di te e del tuo mondo o si tratta di pura finzione narrativa?
Preferisco lasciare al lettore il beneficio del dubbio. Autobiografico o no, ai fini della lettura questo aspetto non ha molta importanza. Penso che un libro vada valutato per quello che è, non per l'empatia che può suscitare o meno il suo autore.

La copertina del libro è ingannevole e fa pensare a una storia di tutt’altro genere. Hai fatto i conti con la percezione falsata che si ha del tuo libro?
In effetti questo libro potrebbe trarre in inganno o deludere chi lo compra pensando di trovarsi di fronte ad un thriller tradizionale. So che potrei perdere una parte di potenziali lettori affermando questo, ma la realtà dei fatti è che A bocca chiusa nasce e si conclude come un dramma, la componente thriller è davvero minima.

Nel romanzo hanno un ruolo importante i mattoncini Lego. Gli omini con la faccia gialla e il sorriso eterno. Le mani a forma di C. Ricordando la mia infanzia, tutta la prima parte della storia, mi ha fatto rivivere emozioni sottili e difficili da decodificare. Anche io vivevo con i nonni e anche io passavo le ore inventandomi un mondo colorato che potevo disfare e ricreare a mio piacimento. Ho sempre pensato che quel gioco innocente sia stato il mio primo tentativo di creare storie. Anche tu sei stato un Lego-dipendente? 
Assolutamente si. Avevo davvero una cesta di mattoncini enorme in cui potermici tuffare e trascorrere le giornate. I Lego erano una manna di salvezza per i bambini dotati di una vena creativa. Non voglio passare per il solito nostalgico brontolone ma le potenzialità di quel gioco erano davvero infinite. Oggi vedo ragazzini di quattro anni controllare un iPad con la stessa abilità con cui noi costruivamo palazzi, città, automobili... beh che dire, un po' mi spaventa ma in realtà penso si tratti di un processo d'evoluzione normale ed inarrestabile. Mi auguro solo che possano trovare in esso le stesse emozioni che provavamo noi maneggiando quei mattoncini colorati.

Ho avuto l’impressione, arrivato alla fine, che ti sia censurato o frenato per rendere la storia più “buona” e meno “urticante” e “indigeribile”. Potevi andare giù molto più pesante e raccontare i fili della trama con un distaccato cinismo che sarebbe stato perfetto nel climax della storia. È una scelta di stile o, come dire, una smussatura arrivata in seguito per esigenze editoriali?
Nessuna direttiva editoriale. È stata una mia precisa scelta. Ti confesso che la fiaba che il protagonista inizia a raccontare nella seconda parte del romanzo è stata completamente riscritta rispetto alla prima versione, ma per scelta mia non per imposizioni editoriali. Stava diventando davvero difficile gestire tutto quel magma nero, lo ammetto, avevo bisogno di emergere, almeno alla fine, forse, essendo il mio primo romanzo, non mi sentivo ancora del tutto pronto.

Il protagonista è attratto dalla bellezza maschile. Ammira la fisicità prorompente del suo amico Luca e anche da adulto, osserva con compiacimento la bellezza di un ragazzino che spia dalla finestra dell’ufficio. In più passaggi si avverte una tensione gay che non si esplicita mai del tutto… piccoli accenni che lasciano intuire piccole sfumature del personaggio. Una scena – quella cardine intorno alla quale ruota il prima e il dopo – è un esempio perfetto della confusione che può regnare nella mente di un ragazzino tra dedizione e paura. Sono io che sono tremendamente malizioso o c’è anche questa componente nel romanzo?
Certo che c'è. Penso che in generale, in ogni situazione di allontanamento dalla realtà “normale” (sempre che questa parola abbia ancora un senso nel nostro contemporaneo...) ci sia un mescolamento di personalità e pulsioni che porta inevitabilmente a confondere anche le proprie attrazioni sessuali. Il protagonista frequenta prostitute, ma nulla toglie che questo non sia che un ulteriore escamotage per “convincersi” della propria normalità, per cercare di accettarsi, oppure anche un modo per prendere contatto con una figura femminile così assente nella propria infanzia... Le chiavi di lettura possono essere molteplici ed anche in questo caso preferisco sia il lettore, in base alla sua sensibilità, ad ricavarne le proprie conclusioni. Io lancio solo degli stimoli.

Il male si nasconde dentro le mura di casa e chi ha occhi non vede e chi ha voce non parla. Siamo davvero così soli e invisibili?
In certi contesti “borderline” situazioni del genere penso siano all'ordine del giorno. Basta fare due passi per qualche metropoli il 15 di Agosto.

Quanto curi i personaggi di contorno?
In questo caso pochissimo. In verità tutti i personaggi di questo libro non sono molto caratterizzati. Alcuni lettori li hanno definiti grotteschi e questo mi rende felice perché era il mio intento principale. Volevo imbastire una sorta di teatrino dell'estremo e per far ciò mi erano sufficienti dei semplici accenni ai dettagli secondari dei protagonisti. Volevo che un po' tutti i personaggi apparissero come marionette in balia di una realtà che agisce per loro. Non sarà sempre così. Nella storia che sto scrivendo adesso ci sono molte più sfumature a definire i caratteri, ma in questo romanzo mi sembrava necessario tracciare solo degli schizzi: è una storia prettamente visiva  in cui, nonostante un'estrema staticità di fondo, penso siano le pulsioni e le azioni a dominarla rispetto al volere diretto dei personaggi.

Scrivere è?
Terapeutico.

Tre libri letti nel 2013 che consiglieresti a chi ti legge?
Stefan Merrill Block - La tempesta alla porta
Mazzantini Margaret - Splendore
Sébastien Marnier - Mimì

Quali sono i libri che ti hanno cambiato la vita?
La Strada - Cormac Mc Carty
La montagna incantata - Thomas Mann
Vi perdono - Del Fabbro Angela
Io non sono esterno - Giuseppe Merico
Notti bianche - Fëdor Dostoevskij

Un personaggio dei fumetti che vorresti come amico?
Il Joker

Feticismi tecnologici?
Tutto quello che sforna quella dannata mela morsicata.

Un gesto politico importante?
Vorrei un governo con i gatti al potere. Di razza Maine Coon, preferibilmente.

Biografia in una playlist?
Soap&Skin - the sun
Tricky – Ttattoo
Aaron Parks – Afterglow
Marilyn Manson - Sweet Dreams
Agnes Obel -  The Curse
Gavin Friday - Lord I'm Coming
Julia Kent – Fall
Kidneythieves - Taxicab Messiah
Nils Frahm – Hammers
The Fauns – 4am
The Flaming Lips - Try to Explain
Wallis Bird - Dress My Skin And Become What I'm Supposed To
Xiu Xiu - Stupid in the Dark
Puscifer - Momma Sed
bastano?

 La frase scusa preferita?
Il mal di stomaco è un evergreen che funziona sempre.

A 13 anni cosa volevi fare?
L'hacker.

Hai per un giorno il potere assoluto: la prima cosa che fai?
Farei una legge che impedisse ai SUV di circolare in città.

Come spiegheresti a un bambino la parola “felicità”?
Quell'impellente desiderio di risalire su una giostra che fino a pochi minuti prima ti aveva terrorizzato.

La volta che hai riso di più?
Una mostra a Genova, alcuni anni fa. Metà Agosto, un caldo inverosimile in una saletta esposta al sole e senza aria condizionata. Durante la presentazione iniziarono ad esplodere le sedie in plastica su cui erano seduti gli spettatori. Mentre salivo sul palco a ritirare il premio mi voltai e vidi metà del pubblico con le gambe all'aria.

Una cosa che non hai mai capito della gente?
Perché ti chiedono sempre “Come stai?” se poi in realtà non gliene frega un cazzo di come ti senti davvero. (se non si possono dire le parolacce nel tuo blog, censuralo pure).

Icone moderne?
Carmelo Bene, Alessandro Bergonzoni, Marilyn Manson (non necessariamente in questo ordine).

Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?
Philip Roth, David Lynch e Terry Richardson (non necessariamente in questo ordine).

Sei anche un bravissimo fotografo. Mi viene spontaneo chiederti se quando pensi alle scene di un romanzo, riesci a visualizzarle anche da un punto di vista strettamente fotografico.
Si, funziona sempre così. In molti hanno definito la mia, una scrittura “per immagini”, io stesso cerco ancor prima di buttar giù parole di visualizzarmi il set nella mente. Avere la scenografia ben chiara davanti agli occhi mi aiuta a sviluppare meglio al situazione. Prediligo poche ambientazioni, preferibilmente ristrette e claustrofobiche.

A chi diresti grazie?
A tutti quelli che mi hanno permesso di non restare a bocca chiusa.

Se alzi gli occhi e guardi il cielo…cosa vedi?
Una tela bianca, infinita.

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