lunedì 23 settembre 2013

L'IMPREVEDIBILE VIAGGIO DI HAROLD FRY di RACHEL JOYCE


Questo romanzo mi aveva colpito da quando lo avevo visto per la prima volta in una libreria. 
Non so perché. Forse il titolo, forse quelle scarpe slacciate in copertina, forse quel corvo appollaiato sulla V. Non lo so proprio cosa mi attirò di lui e cosa mi stimolò il desiderio di leggerlo. 
Lo avevo preso in mano, avevo letto la trama nel risvolto di copertina, avevo guardato il prezzo... e lo avevo riposizionato sul bancone. 
Mi capita di sentirmi in colpa quando compro dei libri o quando il mio sguardo cade su una copertina inattesa. Quella volta mi capitò e non se ne fece niente. 

Ho rivisto quella copertina dopo mesi - e tanti altri libri letti - nella vetrina di una libreria che vende libri usati.
Spiccava in vetrina con un cartellino che diceva: "Solo 8 euro ed è tuo!"
Mi sono fermato incantato davanti alla vetrina illuminata e, attratto da un vecchio canto d'amore, sono entrato e l'ho comprato. 

Dopo qualche giorno ho iniziato a leggerlo e, senza saperlo, ho iniziato un viaggio lunghissimo in compagnia del protagonista.
La storia di Harold Fry, un 65enne in pensione che riceve una lettera da una vecchia collega che gli annuncia di essere malata di cancro e di non avere molto tempo, e decidendo di spedire una breve lettera di risposta salta la buca più vicina a casa e inizia a camminare verso la prossima, mi ha subito affascinato per la sua umana e assurda semplicità. Harold continua a camminare perché gli sembra brutto pulirsi la coscienza così velocemente, senza pesare il senso concreto di un gesto per lui denso e importante. E così, buca dopo buca, il tempo si allunga, le intenzioni si fortificano e la strada si moltiplica metro dopo metro, passo dopo passo. 
Inizia così il viaggio che porterà Harold a percorrere 1000 km in 87 giorni per raggiungere la Scozia e salvare Quennie, la collega con cui ha un lontano debito di riconoscenza. Cammina con le sue scarpe da vela - poco adatte per una simile impresa - e senza cellulare o vestiti adeguati. Un pellegrinaggio che lo porterà a conoscere i suoi limiti, le sue debolezze e gli farà scoprire un mondo del tutto diverso da quello che aveva sempre visto dai bordi della sua vita mediocre. 
Harold Fry non è un eroe, ma un uomo imperfetto con tanti rimpianti e tanti errori dietro le spalle. Il viaggio sarà il detonatore che lo porterà a ripensare al suo passato. A suo figlio David, alla crisi matrimoniale con sua moglie Maureen, alle cose non fatte, ai drammi dell'infanzia, alle piccole e grandi assenze di un'intera esistenza. Un pellegrinaggio spirituale che lo spinge ben oltre i limiti del possibile. 
Perché a volte bisogna alzarsi dalla sedia per cambiare davvero il mondo.

La storia è tutta qui... ma è ricca di incontri, sfumature e rivelazioni. Ho amato molto il personaggio di Maureen. Un comprimario perfetto che ci permette di capire meglio le scelte e i vuoti del protagonista. E ho amato la malinconia di fondo della narrazione... la sua deriva spietata e per niente consolatoria. Non c'è quasi mai un lieto fine nella realtà... e nella finzione può succedere lo stesso... o forse, basta un piccolo dono, a cambiare il senso di un viaggio?

Il parallelismo con Forrest Gump salta in mente dalle prime pagine. Ma in questo viaggio c'è un'amarezza che in quella storia non c'era. Harold è un Forrest invecchiato e sconfitto dai dolori della vita. Un perdente in cerca di un riscatto finale. 

Ci ho pensato molto a questa cosa... alla necessità di alzarsi dalla sedia per mettersi in gioco in prima persona... anche spinto da una speranza impossibile... e non so perché, nella mia testa è scattata un'altra connessione: il vecchietto sognatore di "Up".

1 commento:

  1. Forrest Gump insegna che le 'cose' accadono quando non le cerchi e che ci arrabattiamo troppo spesso per ciò che non ha importanza. Il buon vecchio Carl Frediksen ci ricorda che tutto finisce solo con la morte e c'è sempre una seconda, terza, quarta possibilità ... Quindi: buona vita, comunque ...

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