Ho atteso due anni il romanzo di Silvia Longo e dopo così tanto tempo, finalmente, ho avuto il piacere di comprarlo e di leggerlo in pochissime ore.
Qualcuno si chiederà: come mai hai atteso due anni?
La risposta è semplice: Silvia aveva partecipato alla prima edizione del Torneo di Gems, e pur non essendo arrivata tra i primi 30, era stata "ripescata" per evidenti meriti letterari, vincendo la pubblicazione cartacea.
Il lasso di tempo intercorso tra la vittoria e l'effettiva uscita nelle librerie è stato più o meno lungo due anni. Particolare curioso se si pensa che tutto il romanzo ruota intorno al concetto di tempo. Tempo musicale, tempo atmosferico, tempo dei sentimenti e del ricordo.
Il romanzo racconta la storia di Viola, una donna di 43 anni che cerca di tornare alla vita dopo la morte di suo marito, un famoso direttore d'orchestra. Riuscirà a evadere dalla sua prigione dorata solo quando, in un pomeriggio del solstizio d'estate, parteciperà controvoglia a un concerto in memoria del defunto marito come ospite d'onore.
Durante la commemorazione, mentre nel chiostro assolato risuonano le note di Bach, incontrerà un uomo che cambierà drasticamente la direzione e il senso stesso della sua vita.
Una fuga verso un luogo senza nome, un viaggio alla ricerca di un amore perduto, un salto verso una verità tanto semplice da apparire sfacciatamente scandalosa.
Ho incontrato Silvia Longo per le vie infinite di internet e le ho fatto qualche domanda. Ecco qui il risultato del nostro piacevolissimo scambio di email (ringrazio la chattina di facebook per l'indispensabile aiuto in presa diretta!),
Partiamo dall’inizio: com’è nata l’idea del romanzo e
come si è evoluta quella scintilla iniziale per arrivare al libro finito?
Volevo raccontare una storia semplice, autentica, in cui
fosse facile ritrovare qualcosa di sé. Mi piace osservare me stessa e le
persone che incontro, e ho notato che tutti abbiamo un dolore - grande o
piccolo - un’ansia, una speranza che portiamo dentro, spesso in segreto. Ecco,
volevo scavare tra le pieghe di un’esistenza, con delicatezza, ma senza tacere
nulla.
Nel tuo libro si parla di tempo. Il tempo meteorologico
scandisce molti capitoli della trama (quelli che si svolgono nel presente) e
cadenza i pensieri e i sentimenti dei protagonisti. C’è dietro un’ossessione,
una passione, un interesse particolare?
L’idea di Tempo mi affascina in senso ampio: il fatto che
questa parola sia usata in diversi ambiti, per esempio, e la differenza tra
tempo personale e tempo oggettivo. Il modo in cui ciascuno ne percepisce lo
scorrere. I bollettini a inizio capitolo sono un espediente per parlare di
tempo anche in senso meteorologico. E sono una metafora del clima interiore
della protagonista.
Leggendo il romanzo ho pensato a tre parole chiave:
amore, fuga, rinascita. Cosa ti suggeriscono queste tre parole…tre
immagini…solo tre immagini?
Se ci pensi, tutte e tre sono parole che possono suggerire
immagini e emozioni in antitesi, quasi degli ossimori. La parola “amore” mi
viene da collegarla a quanto di più gratificante e nel contempo di più
doloroso: amare è bellissimo, ma la perdita di qualcuno che ami ti spezza il
cuore. “Fuga”: dipende dal punto di vista, può essere un atto di viltà o di
grande coraggio. Mentre la “rinascita” è legata indissolubilmente all’idea di
morte.
La musica impasta tutta la trama. Citi degli artisti
anche nei ringraziamenti. Si intuisce una certa conoscenza di termini tecnici e
processi creativi. Tutto questo nasce da una frequentazione diretta o da
un’attenta ricerca del materiale utile per scrivere il libro?
Ho sempre frequentato la musica. Da bambina ascoltavo mia
zia che suonava il piano, e da lei ho appreso i rudimenti: leggere le note, i
primi esercizi di diteggiatura. Peccato aver smesso. Poi, da ragazzina, ho
frequento l’ambiente musicale underground di Cuneo, la città dove sono nata.
Erano gli anni ’80, i gruppi andavano di gran moda. Intanto ascoltavo dischi su
dischi, non perdevo occasione per conoscere nuovi generi e artisti. Da adulta,
nell’accompagnare a lezione di musica mio figlio, ho frequentato un corso di
solfeggio e preso qualche lezione di canto. La mia è una passione molto
profonda. La musica esercita un grande potere su di me, sul mio umore.
Il tuo romanzo è essenziale. Lo è nello stile: pulito,
”tagliato”, per collegarci al titolo, e lo è nella costruzione della trama.
Pochi personaggi, un percorso fisico e mentale che scandaglia il passato, vite
che si intrecciano e si raccontano. Ho terminato di leggere 1Q84 di Murakami
qualche giorno prima di iniziare il tuo. Quanto lui è eccessivo, ricco,
barocco, tu sei minimale…quasi reticente.
Ho spesso pensato alle pennellate di un quadro. Un’idea
di insieme che si scompone se ti avvicini allatela. Quanto hai lavorato sulle
pagine per arrivare a questa pulizia formale?
Mi piace la parola che hai usato, “reticente”. Credo che uno
dei segreti per scrivere un bel libro consista proprio nel sapersi dosare. Si
tratta di lasciare al lettore uno spazio sufficiente perché possa usare la sua
immaginazione. Non puoi e non devi dirgli tutto, se no gli togli la libertà di
metterci qualcosa di suo: si dovrebbe creare un rapporto empatico tra chi
scrive e chi legge, di fiducia reciproca, di rispetto. Mi sono abituata, un
poco alla volta, a cercare da subito (fin dalla prima stesura di un testo) una
forma che mi piaccia, che sia cioè abbastanza asciutta. Di lavoro, comunque, ce
n’è sempre molto. Specie quando ti rileggi. Ho impiegato anni per essere
soddisfatta di me come scrittrice.
Ho apprezzato molto i dialoghi. Sei brava. Sai renderli
originali e concreti. Hai un trucco da consigliare agli aspiranti scrittori?
Consiglio di provare a leggerli a voce alta, come se si
stesse recitando quella scena. Magari con la collaborazione di qualcuno. Sarà
più facile comprendere se sono verosimili oppure no.
Ci racconti come sei arrivata alla pubblicazione?
Grazie al concorso Ioscrittore indetto dal gruppo Gems,
edizione 2010. I concorsi sono un’ ottima occasione per chi, timido come me,
non osa proporsi alle case editrici. Sono stata scelta da Longanesi per la
pubblicazione su carta.
La tua passione quando nasce e dove e quando ami
scrivere?
Nasce presto, mi accorgo che mi piace leggere e scrivere fin
da bambina.
Non ho un orario preferenziale per scrivere, anche se la
notte è un momento propizio: c’è silenzio, riesci a concentrarti meglio. Quanto
al luogo, finisce che scrivo spesso in cucina, magari con l’arrosto nel forno,
o semplicemente perché c’è un tavolo, ed è un posto caldo in tutti i sensi!
Essere donna oggi cosa significa per te?
Gestire una quantità di impegni e di passioni. Ma mi piace
molto.
La tua prima memoria culturale?
Le cose che mi raccontava mio nonno. Sulla Guerra, sulla
vita, sugli animali (era veterinario).
Biografia in una playlist?
“Valzer dei fiori” (Tchaikovsky), “La canzone
di Marinella” (De Andrè), “Baby I love you” (Ramones), ”Message in a bottle” (Police),
“Rimmel” (De Gregori), “Wish you were here” (Pink Floyd), “One more kiss dear”
(dalla colonna sonora di “Blade Runner”), “La sera dei miracoli” (Dalla),“Night
and day” (Porter), “I talk to the wind” (King Creamson), “Discanto” (Fossati), “Non
trattare” (Capossela), “Altrove” (Morgan), “Closer” (Nine Inch Nails), “By this
river” (Eno).
Cosa stai leggendo in questo momento?
“Lezioni di nuoto” di Valentina Fortichiari.
Mai compiuto illegalità nel nome della cultura?
Ho scavalcato il recinto di un’area archeologica per
visitarla, ero fuori orario.
Feticismi tecnologici?
No, non direi.
Cosa odi e ami del web?
Mi infastidisce la sensazione
di sovraesposizione nei social network. Amo la comodità di trovare tutto con
pochi click.
Un gesto politico importante?
Andare a votare. E farlo con coscienza.
La frase scusa preferita?
È sufficiente dire “scusa”. Ma credendoci.
A 13 anni cosa volevi fare?
Più o meno quello che faccio.
Hai per un giorno il potere assoluto: la prima cosa che
fai?
Controllo dov’è il buco di scarico per capire dove finiscono
i soldi dei contribuenti.
Se la tua vita fosse un film chi sarebbe il regista?
Woody Allen.
Come spiegheresti a un bambino la parola: felicità?
Lo inviterei a galleggiare sull’acqua per sperimentare la
sensazione di leggerezza. E a correre scalzo su un prato: il senso di libertà.
Cosa conta più dell’amore?
La libertà. Senza quella, nemmeno l’amore ha senso. Se lasci
libero qualcuno, saprai che quanto torna da te è perché lo vuole davvero.
La tua casa brucia, cosa salvi?
Le foto di famiglia. E la scatola dove conservo alcuni
oggetti, come il braccialettino che l’ostetrica mise al polso di mio figlio
quando è nato, il suo primo ciuccio, il suo primo giocattolo.
Se dico Italia… cos’è la prima cosa che ti viene in
mente?
Dante Alighieri. Il suo senso di appartenenza alla Patria. E
le invettive, attuali più che mai.
La volta che hai riso di più?
Non ricordo una volta precisa, ma spesso succede quando devo
stare seria. Tipo a scuola o in certe occasioni formali.
Una cosa che non hai mai capito della gente?
“La gente” è generico, ne faccio parte anch’io. Forse
quando, invece di darci da fare per raggiungere i nostri obiettivi, invidiamo
chi ce l’ha già fatta..
Una cosa che volevi e non hai avuto?
Una motocicletta.
Un consiglio che non hai dimenticato?
Non giudicare, né te stesso, né gli altri.
Descriviti con cinque parole.
Affidabile, ansiosa, sensibile, ipocondriaca, riservata.
Cosa guardi in tv e cosa odi della tv?
Ne guardo poca. Mi piacciono i film e i programmi di musica
live. Guardo qualche notiziario, per necessità. Detesto i reality.
Una frase che ti rappresenti?
“Non di solo pane vive l’uomo”. Descrive la mia fame di
altro.
Quanto conta il sesso nella vita?
Conta molto. La pulsione al sesso è quella che garantisce la
sopravvivenza della specie. E non sottovalutiamo l’aspetto ludico!
Il senso più importante
Tutti, come faccio a risponderti?!
Il film animato e la serie tv più amati da bambino?
“La bella addormentata nel bosco” e “Sandokan”.
Cosa c’è sempre nel tuo frigo?
Uova, formaggio, verdura, vino bianco da cucina.
Una cosa stupida che non riesci a smettere di fare?
Mangiarmi le unghie.
Un ritornello che non riesci a toglierti dalla testa?
Va a periodi. Adesso è “Ovunque proteggi la grazia del mio
cuore” di Capossela.
Icone moderne?
Credo le pop star. Non sono molto interessata.
Avere tempo, tanto tempo libero e davanti a me.
Progetti futuri?
In senso letterario: un nuovo romanzo. In generale: riposare
e viaggiare un po’ di più.
Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni? Tre nomi.
Mi basterebbe un solo nome, ma non ti direbbe niente: non si
tratta di un personaggio famoso.
Se alzi gli occhi al cielo cosa vedi?
Il soffitto, sono in casa. Domani chissà, forse il sole
Ringrazio Silvia per la pazienza e la simpatia.
Ho apprezzato molto la risposta articolata sulla playlist ideale.
Si capisce moltissimo del suo mondo (non solo musicale) semplicemente leggendo quell'elenco di artisti e canzoni.
IL TEMPO TAGLIATO di SILVIA LONGO - ED. LONGANESI - 12.90 EURO
Stile: 10
Trama: 8
Copertina: 7
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